Pittura olandese. Il Secolo d'oro by Claudio Pescio

Pittura olandese. Il Secolo d'oro by Claudio Pescio

autore:Claudio Pescio [Pescio, Claudio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giunti
pubblicato: 2014-06-02T22:00:00+00:00


11 In Les voix du silence, Parigi 1951, p. 468.

IL RITRATTO

Se la vocazione della pittura del Secolo d’oro olandese è farsi specchio della società, va da sé che il ritratto diventa il più diffuso fra i generi, specchio vero e non di oggetti o concetti, ma di persone in carne e ossa, dei protagonisti di una stagione irripetibile. In un misto di orgoglio malcelato (e col tempo celato sempre meno) e di modestia paradossalmente esibita, non solo uomini di Stato ma anche scienziati, armatori, mercanti, uomini di fede, coppie di sposi, fino agli artisti stessi, si mettono in posa per avere un avatar da esporre in casa propria, qualche volta in uno spazio pubblico, per ricordare ai posteri la propria fisionomia, o per celebrare un evento e fissarne la memoria.

Inizialmente i sobri e operosi calvinisti costruttori della Repubblica mostrano appena il loro volto serio, un abito nero illuminato da una candida gorgiera – quella sì con ampie variazioni di forme e dimensioni: a lattuga, di merletto, ricamate, a ruota, a reticello, con polsini abbinati... – o da un più semplice bavero, e sfondo neutro, preferibilmente scuro. Col passare dei decenni e il consolidarsi del benessere quei volti si accostano sempre più al modello della ritrattistica barocca europea: più colore, abiti meno monacali, ambientazione in un interno alla moda o in un giardino.

Il mercato detta i prezzi. I ritratti costano meno se piccoli, con solo volto e busto o senza mani (volti e mani, nel caso, li dipinge l’artista, il resto la bottega); si parte da una quarantina di fiorini. Si diffonde la moda del ritratto di gruppo, compagnie di funzionari o commercianti, reggenti di ospizi, militi delle guardie civiche si associano per farsi ritrarre in occasioni particolari condividendo i costi; nei casi di committenza ad artista importante il costo a personaggio raffigurato può arrivare ai cento fiorini.

È certamente riduttivo classificare fra i ritrattisti Rembrandt van Rijn (1606-1669), artista che attraversa, idealmente, l’intero Secolo d’oro come protagonista assoluto, ma è proprio al ritratto che dedica le sue maggiori attenzioni. Figlio di un ricco mugnaio di Leida, appare presto un giovane spavaldo e di successo, del tutto consapevole del proprio valore, che si rivelerà impulsivo nelle scelte e compulsivo nello sperpero del proprio denaro, fedele alle proprie idee a costo dell’isolamento sociale. Certo non è un pittore di genere né di paesaggi o nature morte, pur non mancando di praticare anche questi soggetti, sia in pittura che nell’incisione. Nella sua produzione dominano appunto i ritratti e i temi religiosi, soprattutto biblici. Questi ultimi ricorreranno in tutta la sua produzione, dalle prime prove col suo maestro, Pieter Lastman, ma anche in seguito, quando giovanissimo apre una bottega propria insieme al collega Jan Lievens e oltre.

Il successo inizia con la scoperta del suo talento da parte di Costantijn Huygens, politico e letterato, che gli apre le porte della committenza della corte del principe Federico Enrico d’Orange, stadhouder delle Province Unite. È dalla corte dell’Aja che gli giunge l’incarico per un ciclo di dipinti sul tema della Passione, eseguiti fra il 1632 e il 1646.



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